Mi vergogno di meno  

D.- Non le è anche capitato di spingersi fino al punto di  affermare che rappresentare Shakespeare è un plagio e che esiste nel teatro un’affermazione e un godimento del plagio? Questo è parso piuttosto sconsiderato.

R.- Mi fa molto piacere che mi poniate questa domanda, soprattutto a proposito del concetto di idea.Le opere del pensiero, e soprattutto le opere artistiche che hanno in sé un pensiero, non sono ripetibili.Le performance di Beuys non sono ripetibili, il suo pensiero fluiva nella sua azione ed era proprio di quel momento storico, era il suo, non poteva appartenere a nessun altro: poteva appartenere all’umanità, ma non alla rappresentazione.

D.- Si ritorna così alla medesima domanda: perché rappresentare l’Antiedipo di Deleuze non rappresenta un plagio dell’idea?

R.- Forse lo rappresenta lo stesso, ma mi vergogno di meno. La sfida è più pericolosa, molto più entusiasmante, molto più difficile. L’Antiedipo non prevede, in sé, la rappresentazione.Non si tratta della facoltà che ha il regista di rendere l’opera contemporanea, non mi interessa neppure. Non si tratta di seguire le indicazioni del testo o di stravolgerle.L’idea è inanellata nel testo. L’idea sta nel testo stesso che prevede la rappresentazione. Questo mi crea vergogna, imbarazzo.

D.- Perché parla di affermazione, di godimento?

R.- "Ne parlo, pensando all’euforia che segue un pasto innaffiato di Beaujolais. Può sembrare sconsiderato, forse è una sfida non ancora rilevabile, che richiede quella durezza, motrice della metamorfosi del corpo e dello spirito che comporta la dismisura: non c’è più misura comune tra ciò da cui si viene, il vecchio corpo e ciò a cui si va: l’ignoto"

D.- Ancora una parola sull’ignoto.

R.- “Come sfuggire ad uno stile, sinonimo di ripetizione, sigla espressiva che rende riconoscibile una personalità, una soggettività artistica, cioè quel che io sono a cui non è più possibile credere? Come anestetizzare ogni inclinazione e sovrappeso del gusto personale nella ricerca di una compiutezza formale del proprio percorso artistico? Come essere al di là di sé stessi, qualora si possa individuare un altro da sé che nella propria fragilità tenti l’urgenza di una trasparenza?”. Uno scritto contenuto nell’Anti-Edipo di Gilles Deleuze e Felix Guattari  mi indica un percorso possibile: “Dato un effetto, quale macchina può mai produrlo? E data una macchina, a cosa può servire?Ad esempio, dalla descrizione geometrica di un fodero per coltello, individuatene l’uso. Oppure davanti ad una macchina completa formata da sei pietre nella tasca destra del mio cappotto (tasca che eroga), cinque nella tasca destra dei miei pantaloni (tasca di trasmissione), mentre l’ultima tasca del cappotto riceve le pietre utilizzate man mano che le altre escono, qual è l’effetto di questo circuito di distribuzione in cui la bocca si inserisce come macchina per succhiare le pietre? Qual è qui la produzione di voluttà? Alla fine di Malone muore, la signora Pèdale conduce gli schizofrenici a passeggio, in barca, in sarabacchino, in pic-nic nella natura: una macchina infernale si prepara. Il procedimento è lo stesso:come tuffarsi in Amleto. Soltanto non ci sono più padri, madri, fratelli, né figli.  

 
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